martedì 21 agosto 2012

apr 20. Anno 1036: un Arduino nipote di Ottone in Puglia?


TRATTO DA: DELLE RIVOLUZIONI D’ITALIA LIBRI VENTICINQUE DI CARLO DENINA, VOL.II, FIRENZE STAMPERIA PIATTI, 1820.

Cartina della Puglia medievale Tav.Peut. (Wikipedia Creative Commons)
«Regnava ancora in quel tempo Corrado il Salico, che nel 1036 era venuto a riconoscere le ragioni dell’ imperio e del regno Italico nelle parti di Puglia. Da questo re ottenne Guaimaro molti privilegi, i quali aggiunti al valore de’ suoi campioni Normanni gli accrebbero grandemente lo stato; talché già a lui obbediva notabil porzione del presente regno diNapoli. Ma in questa sua prosperità cominciò a concepir forte gelosia per la riputazione degli stessi suoi guerrieri Normanni, e particolarmente verso Guglielmo e Drogone che n’erano i capi. Né osando disgustarli o licenziarli senza qualche onesto titolo, nacquegli opportunissima occasione di liberarsene e di rivolgerli altrove. Le cose del Greco imperio erano allora in pessimo stato così nella provincia di Calabria e Puglia, come nella Sicilia, di cui i Saraceni s’erano quasi del tutto impadroniti. Michele Paragone salito violentemente sul trono di Costantinopoli, per mantenersi con qualche riputazione l’imperio malamente acquistato, determinò di mandare una potente armata in quell’ isola, e colla fama d’ un riacquisto sì ragguardevole distrar gli animi de’ sudditi dalla tirannide domestica, e dalla memoria di sua usurpazione. d’Oriente (1). Guaimaro non ebbe a farsi pregar lungamente per concedere al general Greco l’ aiuto de’ Normanni, i quali passati in Sicilia diedero non minori pruove di valore contro i Saraceni padroni di quell’ isola , che avesser fatto prima di qua del Faro. Ma passata la vittoria , l’avarizia dei Greci li fece di leggeri scordar l’obbligo che doveano avere ai Normanni, ai quali ebbero poco o niun riguardo nel divider la preda. Era o capitano o certamente compagno dei Normanni in quella guerra un accorto e valente Lombardo chiamatoArduino, e creduto dall’Ostiense parente dell’arcivescovo di Milano (1 Leo Ostiens. lib. 4 cap. 67) , e che forse potea essere della casa de’ Marchesi d’Ivrea o di quella di Susa, dove il nome d’Arduino era assai frequente. Quest’uomo, conosciuta la malvagità de’Greci e la superbia di Maniace , al quale egli avea portato, come perito del Greco idioma, le querele de’Normanni, fece pensiero di ritrarre questi suoi compagni dal servizio de’ Greci , e ricondurrli ad oltre imprese in Italia , dove pei piccoli presidìi che vi teneauo gl’imperadori di Costantinopoli , poteano sperare grandi acquisti a benefìzio proprio, e non d’altrui. Dissimulata nondimeno l’ indignazione sua verso Maniace, ed esortati i Normanni, a cui serviva d’interprete e di consigliere , a far lo stesso (2 Suitimoute lib. 1 cap. 13. ), ottenne licenza di ripassar lo Stretto ; e dopo vari maneggi, che si posson vedere negli scrittori della storia Napolitana , condusse i suoi Normanni, assistiti ancora da quelli d’Aversa , a far guerra aperta nelle terre de’Greci, i quali erano malamente provveduti alla difesa , per le rivoluzioni ond’ era allora più che mai agitata la corte di Costantinopoli, dove l’imperadrice Zoe creava e de poneva a suo capriccio gli Augusti (an.io3o,-4-o 41)’ I Normanni 5 ancorché naturalmente avveduti nel proprio interesse , fecero nondimeno le prime imprese d’Italia piuttosto con ferocità, che con astuzia ; e per essere poco pratici del paese, ignoranti della lingua, e delle intenzioni e de’disegni così de’principi Longobardi, come della corte di Costantinopoli, si lasciarono condurre a guisa di gladiatori insensati a versare il sangue dov’ eran richiesti. Ma a misura che cominciarono a intender la lingua e conoscere lo stato delle cose, e che pei disgli Stati ricevuti in Sicilia da’ Greci , o per le suggestioni di Arduino e d’altri malcontenti del governo, che ogni forestiere trova facilmente per tutto, apersero assai meglio gli occhi, ed unirono conseguentemente anche l’astuzia e la politica alla natia bravura. Ora avendo essi vinti e disfatti i Greci nella Puglia e nella Calabria , in vece di crearsi un duca della propria nazione , elessero Adenolfo fratello di Pandolfo III principe di Benevento. La qual cosa siccome potea conciliar loro l’affetto de’ popoli affezionati al sangue degli antichi lor principi, serviva ancora a rimuover l’invidia e la gelosia degli stessi principi Longobardi, contro de’quali non paleva tempo di pigliar guerra. Ma Adenolfo mostrandosi troppo presto inclinato ad accordarsi co’ Greci , venne in sospetto a’Normanni , i quali, non arditi ancora di spiccar il salto che pur med itavano, deposto Adenolfo , crearono duca Arrigo figliuolo di quel Melo che fu primo motore di questi rivolgimenti. Scontentati in breve anche di lui, elessero finalmente a loro capo Guglielmo Bracciodiferro , il più vecchio dei figliuoli di Tancredi, che già era stato da principio condottiero principale di questa seconda emigrazione di Normanni. Non prese egli titolo di duca, ma di conta di Puglia solamente. Né però governava egli solo tutta la conquistata provincia; perché essendosi a’ fratelli di lui e ad altri de’principali assegnato il dominio di varie terre, il governo che allor s’ordinò da’Normanni nella Puglia, s’assomigliava piuttosto a governo aristocratico, quale s’é veduto sotto i Longobardi, che a principato assoluto. Quindi si destinò per tenervi le diete la città di Amalfi, la quale fu poi riguardata ne’primi anni del dominio Normandico come centro e sede comune dello stato, di cui Guglielmo era il capo o il principale (1 Leo Ostiens. lib. 2. cap. 67). Né questi godette però lungo tempo del frutto delle sue imprese, né del grado a cui era stato elevato da’suoi Normanni e da alcuni Italiani che sotto la stessa condotta s’erano uniti in un solo corpo. Morto Guglielmo tre anni dopo la sua inaugurazione, ebbe per successore Drogone suo fratello, a cui nella suddetta divisione della Pugli a era toccato il governo di Venosa. Ma mentre in questo modo stabilivasi la dominazione de’ Normanni nella Puglia, i Greci che non si riconoscevano possenti di ricuperar a forza aperta leperdute provincie, si voltarono alle arti solite di quella nazione, facendo dai propri suoi sudditi uccidere a tradimento il conte Drogone. Ciò fu cagione che Umfredo , terzo fratello, che succedette a Drogone, e tutti gli altri Normanni cominciarono ad usare verso i Pugliesi maggior durezza e crudeltà, che non aveano fatto da prima, confondendo, secondo che sempre accade ne’tumulti civili e nelle guerre, gl’innocenti con i colpevoli. Per fermarsi nel nuovo stato con miglior titola, i Normanni ne cercarono ed ottennero l’investitura da Arrigo III che nel 1046 era venuto a prendere in Roma la corona imperiale, e che per tenere sempre più al basso l’emolo imperio Greco confermò volentieri a’Normanni con suoi diplomi la possessione delle terre che essi avevano nella Puglia usurpate. Ora tra per un istinto naturale de’ più forti e potenti che mal si sanno raffrenare entro i limiti dell’equità, e per l’aggiunta dei diritti e privilegi imperiali, si diedero i Normanni a signoreggiar più aspramente che prima i paesi già conquistati, e ad occuparne ogni giorno de’nuovi. La corte di Roma, preso giusto timore di si intraprendenti vicini, i quali altronde col predar ad ora ad ora qualche monasteso o santuario non davan segno d’ essere molto rispettosi alle cose della Chiesa, cominciò a pensare a vari modi di contener fra’termini questa crescente e sospetta potenza. Allora fu che Leon IX intraprese contra i Normanni la memorabile spedizione, in cui si vide per la prima volta un pontefice condurre personalmente eserciti armati alla battaglia. Niuno ignora qual esito avesse una tale impresa. Il pontefice, caduto in man de’ Normanni, fece servire la sua sventura all’ ingrandimento della dignità papale , gettando il primo fondamento del diritto della sede apostolica sopra il regno di Napoli, che fu copiosa sorgente di querele, di guerre e d’infiniti travagli all’Italia. Non é però ben chiaro quale spezie d’omaggio promettessero allora i Normanni alla santa sede, né quale diritto abbia voluto il santo Padre concedere a quelle nazioni sopra le provincie che aveano invase, e stavano per conquistare in appresso. Né tampoco é da prendersi per cosa indubitata ciò che gli storici Napolitani raccontano della tanta pietà cui mostrarono i Normanni al pontefice lor prigioniero, il quale si crede piuttosto che per dolore della sua sventurata impresa terminasse poco dopo la vita. Comunque sia , tra per le investiture che aveano avuto da Arrigo III, e qualche novello titolo o di buon grado o per forza e per astuzia ottenuto da san Leone IX , andava l’ usurpazione de’Normanni prendendo forma di legittima signoria. Vittore II, e Stefano IX singolarmente , il quale , come si é detto, mirava a fare suo fratello Gotifredo signor d’Italia , diedero chiare pruove d’aver poc’o cari questi novelli potentati. Ma la brevità del .pontificato loro non lasciò tempo da eseguire i disegni che l’ uno e l’ altro avevano concepiti. A Stefano IX succedette Nicolò II, il quale piut~ ‘ tosto intento ad abbassar l’insolenza de’ suoi Romani , che a far guerra a gente straniera, non solamente non impedì, ma piuttosto facilitò ed autorizzò gli avanzamenti dei Normanni, da cui invitato andò a congregare in Melfi un concilio numeroso di cento vescovi. Quindj siccome i Normanni si studiarono di conciliarsi la be. nevolenza del papa con dimostrazioni di riverenza e di religione, così il pontefice dal canto suo si pensò dì battere tutt’altra strada che non avean fatto i predeces_ sori suoi, e stimò più utile partito d’aver quella gente be_ nevola e confederata per difendersi col braccio loro da altri nemici, che tentare in vano di abbatterli e ster. Binarli. Morto Unfredo III conte di Puglia, gli succedette , ancorché lasciasse due figliuoli maschi, il fratello Roberto venuto in Italia alcuni anni dopo i tre fratelli maggiori. Questi che in valentia di corpo non la cedette a’fratelli, e nella sagacità e politica li superò di gran lunga ( onde gli nacque il soprannome di Guiscardo, che in lingua Normanna tanto importa quanto a dire astuto ed accorto ), ebbe assai rapidamente accresciuto il suo stato con le conquiste che fece nella Calabria. Sdegnando il titolo di conte , ottenne da Nicolò quello di duca; e con maggiore solennità che non avea fatto Unfredo verso Leon IX, si professò vassallo di santa Chiesa, riconoscendo in feudo dalla sede apostolica la Puglia, la Calabria, e anticipatamente ancora l’isola di Sicilia che meditava di conquistare. In questo mezzo a Rainolfo conte d’Aversa, primo fondatore di quello stato , erano succeduti l’ un dopo l’altro due suoi fratelli , ed ultimamente un nipote chiamato Riccardo. Questo Riccardo imparentatosi col duca Roberto con isposarne una sua sorella , e cogli aiuti che ottenne da lui, assaltò Pandolfo V principe di Capoa , ultimo della stirpe Longobarda; e toltogli lo stato , in vece di conte d’ Aversa si fece chiamare principe di Capoa. Stabilito in quel dominio coll’investitura che ottenne anch’egli da papa Nicolò II, rivolse l’animo ad occupar Napoli e Tiano. In cotal modo sopra le rovine del ducato di Benevento fondato e diviso poi da’Longobardi , e sopra le reliquie che restavano del Greco imperio, si ergevano due nuovi principati sotto sovrani non dello stesso sangue, ma della stessa nazione. Alessandro II, pontefice di santa ed onorata memoria , ad esempio di Nicolò II a cui succedé, volle anzi coltivar l’amicizia de’Normanni , che imprender guerra con loro; ed intento piuttosto M correggere i disordini del clero, che a conquistar citta o traversare le conquiste altrui, si contentò di ricevere dal duca di Puglia e dal priucipe di Capoa l’omaggio che avean promesso al suo antecessore; e tenne anche egli un concilio a Melfi, per far onore e cosa grata a quella nazione. Così Roberto fatto sicuro dal cauto di Roma, accelerò isuoi progressi nellaCalabria.Gli giovò grandemente nell’acquisto di quella provincia la virtù di Ruggieri suo fratello, tirato novellamente in Italia dalla fama che correva de’felici successi di Roberto Guiscardo ; appunto nello stesso modo che questi ancora era venuto alcuni anni prima al romore delle vittorie de’ suoi tre maggiori fratelli, Guglielmo, Drogone ed Unfredo. Frattanto precipitava all’estremo lo stato de’ Greci nella Sicilia : perciocché partitisi di là i Normanni mal soddisfatti di Mainare che col braccio loro l* avea in gran parte ritolta di mano a’ Saraceni, questi non tardarono molto a ripigliarsela interamente per le poche forze che rimasero a Mainace, e più per la dappocaggine degli altri generali che gli succedettero in quel governo. Alla voglia che già per sé stessi avevano i due fratelli Normanni, e Ruggiero massimamente, di conquistar la Sicilia, s’ aggiugnevano gli stimoli del pontefice Alessandro II, o , per dir meglio , d’Ildebrando suo consigliere e ministro (1 Barou. ad an. 1066′ n. 3), che mandandogli lo stendardo il creò capitano e gonfaloniere della Chiesa contro gl’infedeli dominatori di quell’isola. S’aggiunse ancora opportuna congiuntura di tentar quest’impresa per nimicizie civili che nacquero fra gli stessi Saraceni* Ben a amena sdegnatosi contro Bennametto, uno de’princìpì di Sicilia , di cui era ammiraglio, passò in Calabria; e ritiratosi presso Ruggiero che colà guerreggiava, gli mostrò come gli sarebbe facil cosa conquistar la Sicilia , e non mancò di suggerirgli e promettergli que’mezzi che stimava conducenti all’ esito dell’ impresa (1). Animato Ruggieri da tale incontro passò il Faro, e diede nel 1061 felice principio al suo acquisto con impadronirsi di Messina. Quindi, chiamato in aiuto il suo fratello Roberto , in poco di tempo ebbero in lor potere le altre città principali dell’ isola , e constrinsero i Saraceni, benché superiori in numero d’ armati, a fortificarsi in Palermo , dove furono di subito gagliardamente assediati da’ Normanni».
“Era l’Arduino valente capitano lombardo delle truppe normanne (di cui cita ampliamente il Denina nell’opera suddetta) il figlio di Guido o Guidone,  nipote di Ottone figlio secondogenito del Marchese Arduino d’Ivrea Re d’Italia? Se restiamo al fatto che il primogenito Ardicino Conte d’Ivrea (detto Arduino II o Ardiciono) non abbia avuto figli (alcuni autori sostengono che sia morto prima del padre), l’ipotesi ha una validità” (V.F.)

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